venerdì 27 settembre 2013

Lessico famigliare // Natalia Ginzburg

Autore: Natalia Ginzburg
Titolo: Lessico famigliare

Genere: Romanzo autobiografico 
Editore: Einaudi
Anno: 1963

Prezzo: 12 Euro
Pagine: 278







Natalia Ginzburg è una delle figure centrali della letteratura italiana del dopoguerra nonché coinvolta nella vita politica del Paese a partire dal 1969 e nel 1983 viene eletta in Parlamento tra le liste del Partito Comunista Italiano.
Questo romanzo, che riceve il premio Strega nel 1963 raccoglie la memoria non solo della autrice ma anche e soprattutto della propria famiglia tra gli anni '20 e '50.
Natalia Levi vive a Torino con i genitori e i tre fratelli, il padre è uno scienziato triestino di origine ebraica e la madre è milanese di origine cattolica. Una famiglia di altri tempi, genitori di altri tempi, un'educazione impartita come oggi sarebbe impensabile, una dignità come solo le famiglie di un tempo sapevano mantenere nonostante la mancanza di soldi e il sentirsi braccati durante la guerra.
Il padre, Giuseppe Levi, è la figura centrale della famiglia, un uomo burbero e facilmente irritabile di cui Natalia fa un impietoso (ma in fondo dolce) ritratto.

Nella mia casa paterna, quand'ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: Non fate malagrazie! Se inzuppavamo il pane nella salsa, gridava: – Non leccate i piatti! Non fate sbrodeghezzi! Non fate potacci! Sbrodeghezzi e potacci erano, per mio padre, anche i quadri moderni, che non poteva soffrire. Diceva: – Voialtri non sapete stare a tavola! Non siete gente da portare nei loghi! E diceva: – Voialtri che fate tanti sbrodeghezzi, se foste una table d'hôte in Inghilterra, vi manderebbero subito via.

Le gite in montagna sono memorabili, così come i rimproveri verso la moglie o sulle scelte dei figli.

Gino si iscrisse poi in ingegneria; e quando tornava a casa dopo un esame, e diceva che aveva preso un trenta, mio padre chiedeva: - Com'è che hai preso trenta? Com'è che non hai preso trenta e lode? E se aveva preso trenta e lode, mio padre diceva: - Uh, ma era un esame facile.-

La madre è invece una donna semplice sempre di buon umore, che come molte altre madri ha il compito del "genitore buono", è lei il collante della famiglia, che si prende cura affettuosamente dei figli smussando il duro carattere del marito.
Il Fascismo è un morbo che anche non volendo lentamente infetta tutto, anche le dinamiche familiari. I Levi sono tutti convinti antifascisti così come i propri amici; fratelli e il padre vengono arrestati, l'odioso regime condiziona le loro vite tanto da dover andare via da Torino.
I figli si sposano, la famiglia si divide.

Lo stile è semplice e piacevole, in netto contrasto con la complessità del romanzo in se, un microcosmo descritto con un linguaggio pudico, sincero, senza sconti e finzione. Non è una apologia, la sua famiglia non è perfetta ma proprio per questo è degna di essere raccontata.  
Lessico famigliare non vuole però essere una semplice biografia e di fatto non lo è. Quello che Natalia racconta in modo a volte distaccato è la storia di un'Italia che cambia, ferita, che si rialza. In parte perché il salotto di casa Levi era frequentato da alcune delle personalità più importanti dell'epoca come Vittorio Foa, Adriano e Camillo Olivetti, Filippo Turati, Cesare Pavese, Felice Balbo, Anna Kuliscioff, Franco Rasetti, Felice Casorati, Eugenio Montale, ma anche perché questa potrebbe essere la storia di molte famiglie. 
La stessa autrice ha scritto: Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti, ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte nella nostra infanzia. Ci basta dire: "Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna" o "De cosa spussa l'acido solfidrico", per ritrovare ad un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole. Una di quelle frasi o parole ci farebbe riconoscere l'uno con l'altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, […] testimonianza di un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e resuscitando nei punti piú diversi della terra, quando uno di noi dirà — egregio signor Lippman — e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: "Finitela con questa storia! L’ho sentita già tante di quelle volte!"
Non è proprio questo ciò che è una famiglia?

3 commenti:

  1. Non conoscevo questo romanzo, devo essere sincera. Quindi grazie per la tua recensione, piacevole nella lettura e utile nel contenuto!

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  2. L'ho letto un paio di anni fa e lo apprezzato molto proprio per il fatto che la sua non è una lode sfrenata per i membri della sua famiglia, anzi i dettagli e le piccole nevrosi rendono tutto più umano!
    Fabiola

    wildflower girl
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    1. Anche a me è piaciuto molto per questo e mi ha sorpreso! Mi sarei aspettata il contrario..

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<3 Grazie per aver visitato il mio blog e per il tuo commento <3